“Arte Liberata”: la Storia in mostra in una mostra di storie

8 Mar 2023 | Mostre ed eventi culturali

Capolavori salvati dalla guerra

Quando si pensa a un museo o a una mostra, l’immagine che sopraggiunge nella mente di ognuno è probabilmente un susseguirsi di opere esposte. Si penserà a un differente stile artistico, a un tipo diverso di museo, di ordinamento espositivo; ma ciò che rappresenterà la vera costante sarà inevitabilmente l’opera, fulcro nevralgico di tutto. Luci, supporto scritto, percorsi: ogni elemento vive in funzione di una migliore fruizione dell’opera d’arte, al servizio di una visione diretta dell’oggetto nella sua tangibile materialità e, al contempo, di tutto ciò che di immateriale vi risiede dietro.

“Arte Liberata: Capolavori salvati dalla guerra” è un’esposizione temporanea allestita alle Scuderie del Quirinale, in mostra dal 16 dicembre 2022 al 10 aprile 2023. “La Resistenza dell’arte”, il racconto di una guerra combattuta parallelamente al secondo conflitto mondiale, sicuramente in maniera molto più silenziosa, e volta salvare il patrimonio artistico del nostro Paese.

Ciò che rende questa mostra diversa da tutte le altre, però, è il rapporto che il visitatore instaura con l’opera. L’esposizione vanta infatti pezzi dalle più pregiate collezioni italiane; essa è stata curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli e organizzata in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà.

Gallerie degli Uffizi, Gallerie Nazionali d’Arte Antica, Museo Nazionale di Capodimonte e Pinacoteca di Brera sono solo alcune delle istituzioni museali che hanno contribuito a fornire le opere, più di cento, oggi in mostra alle Scuderie. Tutti capolavori presenti su ogni manuale di storia dell’arte esistente. O su ogni libro di storia. O ancora di letteratura italiana. Quelle opere che ormai fanno parte dell’immaginario collettivo al punto da emozionarti anche solo per il fatto di vederle in “carne ed ossa”. O ancora capolavori la cui delicatezza ti inchioda con i piedi per terra per minuti infinitamente dilatati. Eppure, in questa mostra, è come se le opere arrivassero quasi a scivolare in secondo piano. Questi immensi capolavori, che non potrebbero che essere i protagonisti per la loro statura di giganti dell’arte, non sono che – paradossalmente – delle cornici essi stessi. Cornici di una narrazione avvincente e straordinaria in cui degli eroi armati solamente del loro ingegno e guidati da un grande amore per la cultura hanno fatto sì che il nostro patrimonio fosse preservato dalla distruzione.

“Arte Liberata” mette in mostra una storia. Espone un racconto. E la potenza di ogni capolavoro non fa altro che dare colore e spessore alla narrazione, facendo conoscere al visitatore questi eroi e, al contempo, toccare con mano l’oggetto del loro eroismo. Una mostra, insomma, di storia dell’arte nell’accezione più letterale del termine.

“La túche, il destino o la sorte a cui i greci antichi sottopongono le avventure di dei e di uomini, è il sostantivo che meglio si addice alle opere riunite in questa mostra. Ognuna di loro avrebbe potuto non esserci più se qualcuno non avesse lavorato perché questa o quella fosse imballata, nascosta, trasportata, salvata.” Queste le parole della curatrice Raffaella Morselli. Ed è proprio l’antica Grecia, con il suo Discobolo di Mirone (Discobolo Lancellotti), che accoglie il visitatore nella prima sala di esposizione. Due linee di narrazione, dunque, quella storica e quella storico-artistica, che si intrecciano indissolubilmente per tre distinti ma anch’essi congiunti filoni narrativi.

 Il primo tratta “Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte”, introducendo il tema dell’interesse da parte di Adolf Hitler ed Hermann Göring al mercato artistico e la volontà di nutrire un loro collezionismo privato, con l’istituzione del cosiddetto “Museo del Führer”. Sarà proprio la cessione del Discobolo Lancellotti da parte di Mussolini e Galeazzo Ciano, opera in realtà sotto vincolo dal 1909, a dare il via a sempre più ampie deroghe ai vincoli legislativi per l’esportazione. Dal 1943, infatti, gli acquisti forzati divennero un vero e proprio attacco ai beni nazionali.

Il secondo, Spostamenti e ricoveri, trova il suo punto di origine nel 1939, con l’invasione nazista della Polonia e l’elaborazione di un piano concreto di protezione del patrimonio ad opera dell’allora ministro dell’educazione Giuseppe Bottai. Da qui, la narrazione delle singole storie di funzionari, storici dell’arte e direttori che protessero le opere del nostro Paese, la testimonianza della razzia della Biblioteca Ebraica di Roma, e ancora il racconto dei rapporti tra i sovraintendenti e il Vaticano.

Delineata in maniera particolarmente nitida, ad esempio, la figura del giovane sovraintendente delle Marche Pasquale Rotondi, che fu incaricato di attrezzare un deposito nazionale in cui far confluire le opere più importanti da diverse regioni d’Italia. Con una sovraintendenza senza più risorse economiche a cui affidarsi, Rotondi riuscì a sfruttare dei vecchi edifici (la rinascimentale di Sassocorvaro e il palazzo di Carpegna) rendendoli dei perfetti rifugi dotati di un sistema di areazione, di un sistema antischegge e perfino di un allarme. Furono circa diecimila le opere salvate da Rotondi durante gli anni della guerra.

Per concludere, La fine del conflitto e le restituzioni, rappresenta la terza e ultima parte dell’esposizione. Qui, viene presentato il periodo della fine del conflitto e l’arduo compito di recuperare dai tedeschi le opere che erano state ingiustamente sottratte al Paese; viene raccontato il ruolo dell’agente segreto Rodolfo Siviero e la sua grande determinazione a capo dell’Ufficio Recuperi. Ultima piccola parentesi all’interno della mostra, sempre nell’ambito del recupero delle opere e della tutela di esse nell’organizzazione delle operazioni, è dedicata ai Monuments Men dell’esercito Alleato, una task force composta da professionisti, arruolati fra storici dell’arte, direttori di musei e artisti provenienti da tredici diversi Paesi, con la missione di preservare i monumenti dalle operazioni delle loro forze armate in Nord Africa e in Europa.

Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero. Donne e uomini che sono riusciti a tessere sulle trame della quotidianità del loro lavoro un eroismo che, per la “normalità” delle loro esistenze, appare quasi come un eroismo anomalo. Coraggio, dunque, intriso e legato indissolubilmente ad un’intellettualità silenziosa, modesta e poco appariscente. Coraggio, proprio per questo, che non ha ricevuto neanche a guerra finita il merito che gli spettava. Una lotta assolutamente impari e “combattuta a mani nude” da questi eroi, contro Hitler, contro Göring, e contro tutto un sistema di violenza e oppressione che abitava anche l’Italia. Le bombe, le truppe di occupazione – spiega la mostra – vennero vinte con l’arma meno cruenta ma anche più efficace: la conoscenza e il profondo amore per il nostro Patrimonio. “La Resistenza dell’Arte”, una resistenza che ha risposto con l’astuzia al fuoco e alle bombe.

Le radici di un Paese risiedono nella sua storia, nel suo patrimonio. L’identità stessa di quel Paese può essere ripercorsa e trova una sua ragion d’essere solo guardando al proprio ieri. L’arte svolge in questo un ruolo a dir poco fondamentale, è una testimonianza visiva e concreta dell’identità. La Bellezza riveste il ruolo di vero e proprio ponte fra il passato e il futuro, e si carica di un significato che va ben oltre il puro valore estetico. Bellezza salvifica. Arte che consegna un messaggio e che pone delle fondamenta solide così che una nazione possa costruirvi sopra.

E “Arte Liberata”, queste fondamenta, ce le fa attraversare, le fa percorrere abbagliati dalla bellezza – stavolta puramente estetica – e da tutto il bagaglio emozionale che ne consegue, e al contempo funge da macchina del tempo, affinché il canovaccio della materialità si incastri perfettamente con quello della narrazione, in una reciproca alimentazione che dà come risultato ultimo l’impressione di fare un salto indietro nel tempo, cullati e accompagnati delicatamente da parole, immagini, filmati e da quelle opere che sono al contempo cornice e contenuto.

E in questa matrioska di passato, dinanzi all’opera d’arte ci si ritrova trasportati prima nel suo passato di appartenenza e di creazione – antica Grecia, antica Roma, Medioevo o Rinascimento che sia – e poi nel passato degli anni della guerra, fil rouge di tutta l’esposizione.

Uscendo dalle Scuderie, e pensando ad una mostra, l’immagine che sopraggiungerà nella mente di ognuno non sarà più, dunque, quella di un susseguirsi di opere esposte; sarà quella di un susseguirsi di Storie e di storie. E per un viaggio nel tempo così incantevole, secondo me, vale la pena di comprare un biglietto.

 

 

l'Autrice

Paola Pulvirenti

Mi chiamo Paola Pulvirenti, ho ventiquattro anni e frequento un master in Management dell’arte e dei beni culturali presso la Treccani. Sono nata a Leonforte, un piccolo paese nelle terre di Proserpina. Dopo aver vissuto gli anni della triennale a Catania, mi sono trasferita a Ravenna e ho concluso un percorso di laurea magistrale in storia dell’arte, volto alla tutela, alla valorizzazione e alla comunicazione del patrimonio.

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